La legalizzazione della cannabis in Italia

La legalizzazione in Italia della cannabis, intervenuta nel corso degli ultimi anni, ha aperto gli utilizzi di questa sostanza in un crescente numero di ipotesi. Dunque, non solo oggi, grazie alla parziale legalizzazione droghe leggere, è possibile procedere con l’utilizzo di questo prodotto e dei suoi derivati per usi medici e industriali, bensì è altresì possibile fruirne per utilizzi di natura ricreativa, a patto che si tratti di cannabis leggera, con quantitativi di THC trascurabili e, dunque, totalmente priva di effetti psicoattivi.

Certo, quanto sopra non significa che la legalizzazione maria sia avvenuta nel nostro Paese in modo indiscriminato, anzi: permangono sul territorio delle prescrizioni piuttosto rigide, alle quali ovviamente il nostro shop non può che conformarsi, facendosi altresì portavoce della necessità di rispettare ogni linea guida per un utilizzo sicuro e soddisfacente di questi prodotti.

In questo nostro approfondimento sulle leggi sulla marijuana e sugli sviluppi più recenti, cercheremo di comprendere qual è la situazione odierna, e come poter usufruire della cannabis light con la massima soddisfazione!

Legalizzazione della cannabis: un quadro storico

Un rapporto dell'USDA del 1914 descriveva quella italiana come la fibra di canapa più costosa nel mercato americano ed europeo, osservando che era stata ottenuta da piante simili a quelle coltivate nel Kentucky, nella stessa epoca.

La causa del prezzo più alto era stata attribuita alla razionalizzazione dell'acqua e alla maggiore cura e manodopera nella preparazione della fibra. Più nel dettaglio, il rapporto identificava quattro principali varietà di canapa coltivate in Italia:

• Bologna, coltivata – intuibilmente - nelle province di Bologna, Ferrara e Rovigo;
• Canapa piccola, coltivata nella valle dell'Arno in Toscana;
• Napoletana, di grandi dimensioni, coltivata nelle vicinanze di Napoli e persino ai lati del Vesuvio;
• Napoletana, di piccole dimensioni, coltivata nella stessa area della grande varietà di semi.

Ancora più tardi, negli anni '40, l'Italia era considerata il secondo maggior produttore di cannabis industriale al mondo, dopo l'Unione Sovietica, sebbene le statistiche provenienti dalla Cina, un altro importante produttore, non fossero disponibili.

Secondo l'associazione nazionale degli allevatori Coldiretti, quasi 100mila ettari di terreni agricoli in Italia erano dedicati alla produzione di cannabis, in quel momento storico. Tuttavia, quella che sembrava essere una storia piuttosto florida per la cannabis nel nostro Paese, stava per andare incontro a un repentino cambio di rotta.

Il declino della cannabis in Italia

Il declino della produzione di canapa in Italia arrivò con il boom economico degli anni '50 e '60, durante il quale le fibre sintetiche furono introdotte nel mercato e la campagna internazionale contro i narcotici si intensificò.

In particolare, l'Italia procedette con l’adottare i principali trattati sul controllo della droga, ossia la Convenzione Unica sugli stupefacenti del 1961, la Convenzione sulle sostanze psicotrope del 1971 e la Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 1988. Intanto, con il passaggio della legge anti-droga Cossiga n. 685/75 del 1975, i giacimenti di canapa in Italia erano quasi scomparsi.

Negli ultimi anni, la produzione di canapa per uso medico e industriale ha però visto una rinascita in Italia grazie alle nuove tecnologie e alle applicazioni innovative che riguardano le piante di cannabis.

In particolare, centinaia di nuove imprese hanno iniziato a coltivare la cannabis in diverse regioni, dopo l'entrata in vigore di requisiti più ampi nel 2016 per quanto riguarda la coltivazione di piante di cannabis con livelli di THC inferiori allo 0,2% (alla pari della cannabis leggera), con una superficie coltivata che è passata dai 400 ettari in 2013 a quasi 4000 ettari nel 2018.

Cannabis Italia news: sforzi e battaglie per la legalizzazione

Nel 2006 la controversa Legge Fini – Giovanardi n. 49/06 ha rimosso la distinzione tra droghe pesanti e leggere (fino a quando tale valutazione non è stata rimessa in discussione dalla Corte Costituzionale, nel 2014).

Con la Fini – Giovanardi, dunque, il possesso di marijuana e hashish veniva punito duramente, esattamente come il possesso di eroina o cocaina, droghe ben più pesanti e impattanti sull’organismo umano.

Più nel dettaglio, la legge ha triplicato le pene per chi vendeva, coltivava e possedeva cannabis, con reclusione da 2 - 6 anni a 6 - 20 anni, portando così al rischio di sovraffollamento carcerario, considerato che circa il 40% dei detenuti in carcere è presente a causa di reati legati alla droga.  

Fortunatamente, ad oggi il possesso di cannabis per uso personale è depenalizzato sotto certi quantitativi, mentre la coltivazione e la vendita senza licenza sono evidentemente ancora illegali.

Cosa ne pensano gli italiani

In tal senso, è evidente che il quadro normativo attuale sia stridente con ciò che pensano gli italiani delle droghe leggere e, in particolar modo, della cannabis.

Di fatti, secondo un recente sondaggio condotto da Ipsos, l'83% degli italiani ritiene che le leggi sulle droghe leggere siano inefficaci, il 73% è a favore della cannabis legale e il 58% pensa che la legalizzazione avvantaggerebbe le finanze pubbliche.

In termini di consumo, il 25% delle persone di età compresa tra 15 e 19 anni ha ammesso l'uso di cannabis per scopi ricreativi almeno una volta nell’ultimo anno. Inoltre, secondo un rapporto del 2018 dell'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, l'Italia occupa il terzo posto nell'Unione europea in termini di consumo di cannabis.

Gli interventi normativi del 2016

Ebbene, come probabilmente sai già se hai letto in diverse occasioni i nostri approfondimenti, la popolarità della cannabis ricreativa ha portato nel 2016 a rinnovati sforzi di legalizzazione in Parlamento, dove la legislazione è stata proposta con il sostegno di diversi politici, principalmente dal Partito Democratico di centro-sinistra, il partito di sinistra di sinistra Ecology Freedom, l'anti-establishment Movimento 5 Stelle, il partito Radicale antiproibizionista, ma anche da alcuni esponenti i partiti più conservatori.

I fautori della legislazione indicano il fallimento del proibizionismo nel ridurre il consumo di cannabis e sostengono che legalizzare la cannabis regolerebbe la circolazione di prodotti correlati alla cannabis, ridurrebbe il consumo tra gli adolescenti, consentirebbe alla polizia e ai tribunali di concentrare le proprie risorse su altre questioni e privare i criminali organizzazioni di una significativa fonte di entrate reindirizzandola verso lo Stato sotto forma di tasse, analogamente a quanto accaduto in Colorado dopo aver legalizzato la cannabis nel 2012.

Cosa cambierebbe per lo Stato dopo la legalizzazione

In particolare, il valore del mercato illegale della cannabis in Italia è stimato tra 7,2 miliardi e oltre 30 miliardi di euro, mentre il potenziale gettito fiscale derivante dalla cannabis legale è stimato tra 5,5 e 8,5 miliardi di euro.

Inoltre, il potenziale aumento del PIL derivante da un mercato legale della cannabis in Italia è stimato tra 1,30% e 2,34%. Tuttavia, gli sforzi di legalizzazione sono stati contrastati da diversi partiti, che hanno – tra l’altro - affermato che il consumo di cannabis costituisce un rischio per la salute e che la legalizzazione non ridurrà la tossicodipendenza, ha impedito il percorso verso una piena legalizzazione, rendendo così gli interventi del 2016 una sorta di compromesso.

Il governo di coalizione guidato dal PD all'epoca, di cui il Nuovo Centro Destra era un partner, si concentrava principalmente sull'assicurazione del passaggio delle riforme costituzionali, e pertanto la legalizzazione della cannabis non era considerata una priorità. Dopo la sconfitta del referendum costituzionale e le successive dimissioni del primo ministro Matteo Renzi il 12 dicembre 2016, gli sforzi di legalizzazione si sono improvvisamente arenati.

Cannabis light: la marijuana legale in Italia

Nel 2016, la legge "cannabis light" n. 242/16 ha comunque eliminato la necessità di autorizzazione per piantare semi di cannabis certificati con livelli di THC inferiori allo 0,2%, mentre il rilevamento di livelli di THC (tetraidrocannabinolo) tra lo 0,2% e lo 0,6% durante le ispezioni sul campo è ancora considerato tollerabile, quando può essere attribuito a cause naturali.

La legge impone agli agricoltori di conservare le ricevute di certificazione per un massimo di un anno, tuttavia l'uso di foglie di cannabis e di infiorescenze per prodotti commestibili è ancora proibito.

Le entrate potenziali derivanti dalla vendita di marijuana legale in Italia sono stimate in oltre 40 milioni di euro e nel 2018 centinaia di nuove imprese hanno iniziato a coltivare la cannabis in diverse regioni.

Anche se questi requisiti meno rigorosi erano originariamente intesi a favorire gli agricoltori che coltivavano la canapa industriale, limitando la produzione alle 64 varietà di canapa industriale certificate dall'Unione europea, una mancanza di chiarezza riguardo all'uso delle infiorescenze di cannabis ha effettivamente creato un mercato in piena espansione non regolamentato per cannabis leggera ricreativa.

I rischi del 2018

I sostenitori della legalizzazione della cannabis sono convinti che la diffusione della cannabis light possa contribuire alla normalizzazione della cannabis in generale. Ciononostante, nel settembre 2018, il Ministro degli Interni e capo del partito della Lega Nord, Matteo Salvini, ha emesso un'ordinanza per le forze dell'ordine che delinea una politica di tolleranza zero nei confronti dei rivenditori di cannabis.

In particolare, la direttiva stabiliva che i prodotti di cannabis contenenti livelli di THC superiori allo 0,2% o prodotti da piante non incluse nell'elenco ufficiale delle varietà di canapa industriale, dovevano essere considerati narcotici e quindi confiscati.

Inoltre, il Consiglio Superiore della Sanità, che fornisce consulenze tecnico-scientifiche al Ministero della Salute, ha raccomandato nell'aprile 2018 di porre fine alla vendita gratuita di cannabis, come precauzione per la salute pubblica. Il Consiglio ha affermato, inoltre, che le applicazioni industriali della cannabis, come previsto dalla legge 242/16, non comprendono le infiorescenze di cannabis; e hanno anche citato una mancanza di studi scientifici sugli effetti di livelli anche minimi di THC su soggetti potenzialmente vulnerabili come anziani, madri che allattano al seno e pazienti affetti da determinate patologie, che impedisce loro di escludere possibili rischi per la salute.

Una posizione che ha evidentemente messo in serio rischio la sostenibilità di questo settore. Tant’è che, in buona sostanza, in quell’anno diversi punti vendita di cannabis light furono sostanzialmente costretti a chiudere i battenti.

Gli studi del 2019

Nel 2019, un gruppo di economisti dell'Università della Magna Grecia, l'Université Catholique de Louvain e la Erasmus School of Economics hanno pubblicato uno studio sugli effetti della liberalizzazione della cannabis leggera in Italia sul crimine organizzato.

Sebbene la cannabis leggera non generi introiti come marijuana illegale, lo studio ha dimostrato che le confische di marijuana illegale sono diminuite con l'apertura di negozi leggeri di cannabis.

Gli autori hanno anche riscontrato una riduzione del numero di confische di hashish e piante di marijuana insieme a una riduzione degli arresti per reati correlati alla droga. Le entrate in perdita per le organizzazioni criminali sono state stimate in almeno 90-170 milioni di euro all'anno.

Cannabis industriale

Nel 2016, l'Italia ha rimosso la necessità di autorizzazione a coltivare la canapa certificata con livelli di THC inferiore allo 0,2%, anche al fine di stimolare la produzione di canapa industriale e di offrire un'alternativa alla coltivazione del grano per gli agricoltori danneggiati dai prezzi bassi, da terre essiccate, e dalla concorrenza delle grandi società che importano grano dall'estero.

In particolare, il potenziale profitto derivante dalla coltivazione della canapa in Italia è stimato in più di 2500 euro per ettaro, che è più di 10 volte la resa stimata per il grano, e con il crescente numero di agricoltori passando alla produzione di canapa, la produzione complessiva di grano duro in Italia è diminuita di oltre il 4% nel 2017.

La coltivazione della canapa industriale con livelli minimi di composti psicoattivi ha diverse applicazioni commerciali, tra cui cibo, tessuti, abbigliamento, biocarburanti, materiali da costruzione e alimenti per animali.

In Italia, le piante di canapa certificate possono essere utilizzate sia a fini industriali che ornamentali. Tuttavia i prodotti alimentari possono essere derivati ​​solo dai semi di canapa, poiché non hanno contenuto di THC, mentre il consumo di fiori e foglie di canapa è ancora proibito.

D'altra parte, i semi di canapa a quanto pare contengono tutti gli amminoacidi essenziali in proporzioni ottimali e in una forma facilmente digeribile, e i prodotti commestibili includono biscotti, pane, farina, olio anti-infiammatorio, ricotta, tofu e birra.

L'elevato contenuto proteico rende anche il cibo a base di cannabis un sostituto adatto per i vegetariani, mentre il suo sapore intenso è stato utilizzato anche per gelati, barrette di cioccolato e pasticcini. Altri prodotti derivati ​​dalla canapa includono oli usati in cosmetici, ecobricks termoisolanti, combustibile per pellet, nonché resine naturali e tessuti che possono essere utilizzati per l'abbigliamento a causa delle loro proprietà termiche e per i mobili a causa della loro resistenza.

Acquistare cannabis light online

Dal momento che la legge non proibisce esplicitamente la vendita di fiori di canapa, i clienti possono legalmente comprarli, e quindi possono semplicemente sbriciolarli, arrotolarli, fumarli o consumarli  come meglio ritengono, nel rispetto della loro salute e del quadro normativo vigente.

In tal senso, giova precisare come il limite dello 0,2% di cui sopra per il contenuto di THC consentito è considerevolmente inferiore all'intervallo 15 - 25% tipico della marijuana, impedendo così ai consumatori di cannabis di subire gli effetti tipici della marijuana, in termini psicoattivi.

Oggi giorno chiunque voglia comprare cannabis light online lo può fare attraverso i migliori  negozi specializzati come CBDExpress.it, dove potrà trovare la consueta cortesia, professionalità e disponibilità delle qualità più eccellenti di infiorescenze e accessori.

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