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THC GUIDA COMPLETA

Che cos’è il THC [GUIDA COMPLETA]

Cosa trovi in questo articolo:

La formula chimica del THC corrisponde alla celebre molecola delta-9-tetraidrocannabinolo, ossia alla struttura che sta alla base del principale e più conosciuto principio attivo della cannabis.

In base alla quantità presente il THC è in grado di provocare molteplici effetti a chi ne fa uso, e ciò vale per tutti i tipi di erba che puoi acquistare.

Ora, probabilmente ti starai chiedendo come viene assunta la molecola di THC.

Ebbene, la risposta è molto semplice: nella cannabis, che è una delle sostanze più utilizzate al mondo, il THC viene assunto fumandolo, inalandolo o disciolto in liquidi adiposi (come il latte o il burro).

La cannabis THC: piante che contengono THC

Il THC deriva dalla pianta della canapa e, più precisamente, dalle sue infiorescenze: essiccandole e trattandole viene ricavata una resina collosa e densa che può essere utilizzata dal consumatore.

È anche importante notare che le piante di canapa indiana sono di tre tipi diversi e si differenziano sia per le loro misure che per la percentuale di THC presente.

Si tratta della cannabis sativa, della indica e della ruderalis. Quest’ultima è molto più rara e poco conosciuta rispetto alle precedenti.

Quel che importa è che in base al tipo di pianta di marijuana è possibile ottenere diverse tipologie di ganja, con concentrazioni di cannabinoidi diverse.

È inoltre importante notare che il THC è una sostanza utilizzata per vari scopi, e che a seconda della concentrazione viene usata per scopi ricreativi (concentrazione più alta) e scopi curativi (concentrazione più bassa).

Tutti i tipi di erba

Le principali tipologie di cannabis sono tre:

  • sativa, che produce un basso/medio contenuto in THC (dall’1% al 5%);
  • indica (canapa indiana), i cui livelli di THC possono superare il 25%;
  • ruderalis (canapa russa o americana), non destinata alla produzione di marijuana per via del basso contenuto di THC.

A parte questa prima classificazione, non sfuggirà certamente ai più esperti che le varietà di cannabis sono ben più numerose, ma che – per motivi di sintesi – cercheremo di affrontare le più famose.

Rispetto a molte altre piante, la cannabis si suddivide in due generi:

  • maschio, con protuberanze verdi;
  • femmina, con filamenti bianchi.

A loro volta, le piante femmina producono i fiori pieni di resina che contiene i principi attivi (THC, CDB, ecc.). Di contro, la pianta maschio non contiene nessun principio attivo o quasi.

Sempre al fine di ottenere una migliore panoramica su questo argomento, possiamo dunque ricordare che chi produce semi di cannabis, per ottenere una pianta con elevato THC, incrocia le piante di cannabis sativa e indica.

In questo modo, si possono creare oltre 40 varietà di piante di marijuana, tra cui la Skunk o la White Widow. A queste si aggiungono altre razze incrociate come Northern light, X Haze, Haze19, X Skunk.

Dalla cannabis viene prodotta la marijuana (detta anche erba, maria, fumo, canna, spinello, paglia) e l’hashish, un derivato della resina, estratta dal polline dei fiori di cannabis.

Ma la cannabis è una droga?

Da qualche anno, viene proposto sul mercato un tipo di cannabis sempre più potente, con effetto fortemente dissociativo.

Di solito, nella cannabis si trova dal 3 al 5% di principio attivo (THC), ma oggi sono disponibili piante modificate e coltivate con tecniche violente di cultura intensiva che contengono fino al 55% di THC, e dunque si qualificano come una droga con elevato principio attivo e contemporanea perdita di altri principi attivi benefici come il CBD.

La maggiore concentrazione di THC – ricordiamo – può portare a danni gravi e forte dipendenza.

Invece, la cannabis legale è a bassa concentrazione di THC, ed ha invece elevate percentuali di CBD (non psicoattivo) che annullano gli effetti negativi del THC su battito cardiaco, respirazione, pressione sanguigna.

Insomma, c’è cannabis e cannabis.

Il dott. Pietro Durante, psichiatra di Santa Caterina Novella di Galatina, spiega:

Un tempo poteva essere considerata una droga leggera, ora non più. La sostanza psicotropa principale contenuta nei cannabinoidi, il Thc (Tetraidrocannabinolo), oggi è presente in quantità elevatissime (fino al 60% in più) rispetto a 30 anni fa ed è molto più pericolosa”.

Anche la produzione di piantine casalinghe o di serra sono cambiate: è artificiale, si aggiunge ammoniaca sempre più di frequente!

Pertanto, quando si parla di cannabis, bisognerebbe innanzitutto porre l’attenzione su cosa si intende e su come viene prodotta!

L’elevato tasso di THC provoca infatti alterazioni psicotrope, crea dipendenza fisica e genera tutti i sintomi dell’astinenza, dalla depressione alle allucinazioni, dai deliri alla perdita della capacità di concentrazione, passando poi per paranoia, ansia, sensazione di malessere fisico.

La cannabis per uso terapeutico è invece qualcosa di completamente diverso: è una marijuana curativa, a contenuto molto basso di THC, con effetti rilassanti e sedativi. 

Piante che contengono THC 

Grazie ad alcune ricerche, sono state scoperte diverse piante con proprietà cannabimimetiche, in grado di attivare il sistema endocannabinoide dell’organismo.

Chiariamo subito un punto: queste piante non ‘sballano’, in quanto non contengono alcuna sostanza psicoattiva come il THC, bensì solo sostanze cannabinoidi che non determinano impatti negativi.

Ne riportiamo alcune, quelle più conosciute:

  • Echinacea, con proprietà antinfiammatorie e rilassanti;
  • Acmella oleracea, utilizzata nel trattamento di balbuzie, mal di stomaco o mal di denti, nota anche come ‘pianta del mal di denti’, ‘pianta elettrica’ o ‘crescione del Brasile’;
  • Helichrysum umbraculigerum (Elicriso o Fiore di carta), pianta originaria dell’Africa, della famiglia delle margherite, con proprietà antinfiammatorie, antidepressive e di stabilizzatore dell’umore;
  • Epatiche, di cui esistono 9000 specie. Tra queste, la Radula marginata originaria della Nuova Zelanda contiene una sostanza molto simile al THC (acido perrottetinenico) che interagisce con i recettori CB1;
  • Cioccolato (Albero del cacao), che contiene N-linoleoyletanolammide e N-oleoyletanolammide, due sostanze che disattivano gli enzimi FAAH. Questa disattivazione innesca l’aumento di livelli di anandamide nel corpo, un endocannabinoide definito “il THC dell’organismo”. Pare che l’anandamide produca sensazioni di euforia, felicità e riduca la nostra sensibilità al dolore;
  • Pepe nero, con proprietà antinfiammatorie. Contiene alte concentrazioni di beta-cariofillene, che agisce come un cannabinoide legandosi ai recettori CB2. Altre piante che contengono cannabinoidi o agenti cannabimimetici sono la camelia sinensis (pianta del tè da non confondersi con l’albero del tè), la maca peruviana e il rododendro cinese.

Che cos’è l’hashish?

Finora abbiamo parlato di erba, ora parliamo invece del suo estratto, ossia l’hashish.

Conosciuto anche con il nome comune di “fumo”, l’hashish si distingue dall’erba perché è il risultato di un’estrazione diretta dalle sue inflorescenze.

Quindi, è sbagliato dire che esistano piante di hashish, dato che questo è solo un composto derivato dalla pianta di cannabis.

Si tenga conto che esistono diversi metodi per l’estrazione, dai quali derivano principalmente due tipi di hashish: da una parte il Charas, che ha origini afghane, e dall’altra parte la Panetta, il tradizionale composto marocchino.

Il primo tipo di fumo viene estratto sfregando intensamente i palmi delle mani sulle cime delle piante femmine mature, ottenendo così una resina nera e appiccicosa, che viene successivamente rimossa dalle mani e poi accumulata in sfere e palline di varia dimensione.

Il secondo tipo, invece, alto o basso, viene estratto in maniera più nobile e pura, perché si ottiene grazie alla percussione delle cime contro un setaccio, il quale fa passare solo i tricomi e i cristalli di THC.

Sotto al setaccio si viene a formare una specie di polline marrone/verde che viene chiamato Kief, il quale viene poi depositato in una forma e successivamente posto in compressione con una pressa a freddo, raggiungendo così la forma finale di un mattoncino (da qui il nome panetta, o panetto).

Quest’ultimo metodo di estrazione garantisce un prodotto con alte concentrazioni di THC e dall’elevata purezza, perché durante la sua preparazione viene evitato il contatto diretto del Kief con le mani del produttore (scongiurando così ulteriori contaminazioni batteriologiche), ma soprattutto perché non contiene parti vegetali, ma solo la resina che si era sviluppata sui fiori.

Piante psicoattive legali

A questo punto non possiamo che fare un altro proficuo passo in avanti nell’elaborazione dei concetti a noi più cari, domandandoci quali siano, invece, le piante psicoattive legali in Italia.

Per comodità e semplicità di esposizione, ne elenchiamo alcune suddividendole in due categorie: rilassanti e stimolanti.

Per quanto riguarda quelle rilassanti, troviamo:

  • Combretum quadrangulare,
  • Eschscholzia californica,
  • Griffonia simplicifolia,
  • Hypericum perforatum,
  • Lactuca virosa,
  • Leonurus sibiricus,
  • Leonotis Leonurus,
  • Lobelia Cardinalia,
  • Mitragyna Speciosa,
  • Nymphaea caerulea,
  • Passiflora incarnata,
  • Papaver rhoeas,
  • Piper Methysticum,
  • Rauwolfia serpentina,
  • Sceletium tortuosum,
  • Scutellaria lateriflora,
  • Syzygium aromaticum (Eugenia caryophillata, chiodi di garofano),
  • Turnera aphrodisiaca (damiana),
  • Valeriana officinalis.

Per quanto riguarda invece le stimolanti, possiamo annoverare:

  • Ephedra,
  • Ginkgo Biloba,
  • Ilex paraguariensis,
  • Schisandra Chinensis,
  • Rhodiola rosea.

Che cos’è la marijuana?

Continuiamo a procedere nel nostro approfondimento affrontando una delle questioni che – in apparenza banale – sono più comuni tra i nuovi fruitori di questi prodotti: che cos’è la marijuana?

La formula del thc rientra nella classificazione delle droghe leggere e per questo, in tutto il mondo, c’è una continua lotta su due fronti: chi vuole legalizzarla, togliendo così buona parte degli introiti alla criminalità organizzata, e chi vuole continuare a reputarla una droga.

E se ti stai chiedendo se la marijuana è una droga, sappi che da noi puoi trovare solo una selezione di infiorescenze di marijuana THC legale, controllata con grande attenzione e pienamente rispettosa dei requisiti di legge vigenti nel nostro Paese.

Sia che si parli di marijuana illegale che di marijuana curativa, ogni infiorescenza reperibile viene rilasciata con l’apposito certificato d’analisi – approvato dallo Stato – che indica il valore dei parametri di THC e CBD, per assicurare a tutti un’esperienza piacevole e rilassante nel pieno rispetto delle norme.

I nostri prodotti estratti dalla canapa sono frutto di un oculato lavoro di coltivazione indoor 100% bio e di selezione dei migliori fiori da parte dei nostri collaboratori, che raccolgono e lavorano esclusivamente a mano.

Pertanto, puoi stare tranquillo: non si tratta certo di prodotti estratti da piante illegali!

Chi ha scoperto la molecola THC?

Chiarito quanto sopra, potrebbe essere interessante per te affrontare una piccola pillola di storia!

Non tutti sanno, ad esempio, che il principio del THC cannabis è stato scoperto da Raphael Mechoulam, Yechiel Gaoni, e Habib Edery, che sono riusciti a isolarlo e studiarlo per la prima volta nel 1964.

Erano anni difficili, il proibizionismo imperava e l’uso di marijuana era destinato agli hippie, il cui fenomeno coincise proprio con quel periodo.

L’equipe di chimici israeliani riuscì comunque a procurarsi illegalmente la cannabis con il proposito di studiarla con un approccio scientifico, e proprio per questo fu il Ministero della Salute a concedergli il permesso di procurarsele a scopi documentativi.

Effetti marijuana THC, tutto ciò che devi sapere

Da millenni la pianta della canapa, e di conseguenza il THC, viene utilizzata a scopi curativi.

Oggi in molti Paesi sono disponibili medicinali composti sulla base della THC molecola, e servono a curare molteplici patologie o ad alleviare alcuni sintomi di malattie più o meno gravi.

Il THC ha proprietà psicotrope, ovvero in grado di influire sul sistema nervoso e provocare alcuni effetti, più o meno accentuati a seconda della concentrazione assunta.

Detto questo, c’è da sottolineare la differenza tra un uso terapeutico e un uso puramente ricreativo.

Per quanto riguarda quest’ultimo si può vedere un generale rilassamento del corpo, un’azione analgesica che riduce eventuali dolori, una forte euforia che in alcuni casi può diventare eccessiva, la sensazione che il tempo scorri più lentamente, un aumento della sensazione di fame che coincide con la mancanza della sensazione di sazietà, una maggiore sensibilità sensoriale, una sensazione di sonnolenza ed effetti leggermente allucinogeni.

La presenza di questi effetti è soggettiva e può variare in base a molti fattori come: età, stato psico-fisico, assunzione combinata con altre sostanze psicoattive come alcol e altri fattori che possono alterare gli effetti.

Cannabis e marijuana: l’impiego del THC in medicina

I recettori che legano con il principio attivo della cannabis sono localizzati in tutto il corpo umano, ma è specialmente l’area del cervello a essere quella interessata.

Proprio per questo motivo il THC ha forti conseguenze psicoattive.

Oltre alle varie sintomatologie conosciute come euforia, eccitazione, aumento della fame e alterazione di tutte le sensazioni legate all’apparato uditivo, olfattivo e gustativo, il THC presenta anche tendenze rilassanti e analgesiche ed è proprio per questo che viene utilizzato in moltissimi medicinali.

In ambito medico viene sfruttato per moltissime patologie come:

  • la sclerosi multipla,
  • la sindrome di Tourette,
  • diverse forme di cancro.

Le proprietà anti-nausea di questo principio attivo lo rendono anche utilizzabile dalle persone con sistema immunitario depresso come i malati di AIDS o i soggetti in chemioterapia.

Non sorprende che tantissimi studi ne hanno non solo approfondito la composizione ma anche la presenza di eventuali effetti collaterali.

Ci sono stati infatti degli studi sugli animali volti a capire se il THC fosse tossico per l’organismo ma, in realtà, bisogna somministrare delle grandissime quantità di THC per provocare la morte sui piccoli organismi come i ratti, mentre per gli esemplari più grandi è stato praticamente impossibile arrivare a esiti fatali.

Un tema che invece è molto dibattuto è cosa possa provocare il THC a lungo termine su un essere umano.

Il THC, comunque, presenta allo stesso tempo, molti effetti positivi sul cervello in quanto trattasi di un neuroprotettore che va a difendere il cervello dalle infiammazioni e dallo stress.

Nonostante molti pensino che il fumo distrugga le cellule cerebrali, in realtà gli scienziati hanno provato che il THC induce la sintesi di nuove cellule comportando quel fenomeno conosciuto come neurogenesi.

Gli effetti del THC sulle patologie

Se vuoi approfondire una panoramica di come il THC possa essere adoperato a scopo terapeutico devi sapere che può essere utilizzato per una lunga serie di condizioni, anche particolarmente fastidiose e pregiudizievoli, come:

  • nausea,
  • vomito,
  • anoressia,
  • muscoli spastici,
  • cancro,
  • sclerosi multipla,
  • asma,
  • glaucoma,
  • dipendenze,
  • infiammazione,
  • patologie psichiatriche,
  • morbo di Alzheimer,
  • sindrome di Tourette,
  • neuroprotezione e patologie autoimmuni.

Per quanto riguarda il dolore, gli effetti della marijuana sono noti in quanto vanno a diminuirlo con un forte effetto analgesico.

Proprio per questo molte persone utilizzano la marijuana senza THC e la cannabis light per diminuire il dolore e migliorare la qualità di vita.

Per nausea e vomito, il THC riesce ad espletare degli effetti antiemetici così da diminuire la sensazione causata da questo disturbo.

Molti studi hanno rilevato ottimi risultati su persone affette da anoressia e disturbi alimentari in quanto il THC va a stimolare l’appetito, inducendo quella famosa fame chimica che porta il soggetto a mangiare con gusto e a stabilizzare il peso o a ingrassare di qualche chilo.

Per quanto riguarda la spasticità, l’effetto benefico può ridurre sia il dolore che il tremore ed è per questo che i soggetti affetti da sclerosi multipla tendono a utilizzare il THC.

Si parla anche di altre patologie legate a questo problema o una lesione del midollo spinale che comporta quindi un forte tremore o parestesia muscolare.

Per il cancro, viene utilizzato non solo per ridurre il dolore ma anche perché i soggetti in chemioterapia sono fortemente debilitati e quindi necessitano di un supporto e di un aiuto che li spinga a mangiare di più rispetto al normale.

Per quanto riguarda l’asma, il THC ha un effetto che dilata i bronchi specialmente quando viene ingerito o vaporizzato.

In caso di glaucoma, il principio attivo va a ridurre la pressione che si trova all’interno dell’occhio e protegge quindi il nervo ottico o ne allevia la sintomatologia dolorosa. La particolarità è che per le persone affette da glaucoma funge da elemento terapeutico mentre per i sani rappresenta semplicemente una prevenzione.

Marijuana curativa per le patologie autoimmuni

Se sono provocate da un focolaio infiammatorio, la sostanza cannabis ha un forte potere in grado di contrastare questa condizione e così diminuire la terapia con i farmaci antinfiammatori.

Infatti, la THC molecola va a regolare la risposta del sistema immunitario dell’organismo e a ridurre una risposta infiammatoria elevata. Alcuni soggetti rilevano anche dei benefici per curare disturbi di ansia, depressione, disturbi del sonno.

In questo caso è doveroso sottolineare che esiste la possibilità che possa esserci una accentuazione di psicosi in individui tendenti a questo tipo di disturbo perciò è bene fare attenzione. Al momento gli scienziati sono ancora in contrasto su questo argomento.

Per quanto riguarda il fenomeno della neuro protezione, il THC va ad attivare un recettore che rallenta il declino cognitivo.

Proprio per questo molte persone affette da malattie neuro-degenerative decidono di provare la terapia per rallentare l’andamento della patologia e proteggere il cervello da una serie di problemi come ipossia e convulsioni.

Fame chimica cos’è?

Chi, almeno una volta nella vita, ha assunto droghe leggere (cannabis o hashish) sa cosa significa ‘fame chimica’ (nota anche come chemical hungry o munchies effect).

Dopo aver fumato (dai 30 minuti alle 2 ore successive all’assunzione), si prova un bisogno impellente di mangiare, di assumere cibo ricco di calorie anche a stomaco pieno.

La percezione del senso di fame e di sazietà sono infatti alterate e, anche se si tratta di un fenomeno del tutto transitorio, rimane comunque uno dei più “riconoscibili” derivanti dall’assunzione di queste sostanze.

Detto ciò, non sfugge sottolineare come ad essere responsabile di questa condizione sia proprio il THC, principio attivo presente nella cannabis, che provoca la cosiddetta fame chimica in quanto stimola determinati neuroni a sopprimere l’appetito.

In pratica, il sistema cerebrale che controlla l’alimentazione viene ‘ingannato’ dall’azione del THC.

I due gruppi di neuroni considerati basilari nei processi alimentari sono il proormone pro-opiomelancortina (o POMC) che invia al cervello il senso di sazietà ed i recettori Cb1r (o cannabinoid receptor type 1) responsabili del senso di fame.

L’entità della fame chimica è proporzionale al tipo di cannabis assunta (e relativa percentuale di THC) e dalla modalità di assunzione.

Maggiore è la percentuale di THC, maggiore sarà la fame chimica avvertita.

Inoltre, la combustione libera una maggiore quantità di cannabinoidi. Assumere olio di cannabis o cannabis attraverso preparati alimentari (edibles) è meno impattante rispetto alla classica ‘canna’ (spinello o tramite vaporizzazione).

Come resistere alla fame chimica?

Molte persone che sono preoccupate dagli effetti del “fumo” si domandano se sia o meno possibile prevenire o contrastare la fame chimica. In realtà, anche se non si può reprimere, la fame chimica si può aggirare quantomeno per evitare di aumentare di peso.

Cosa fare?

Anzitutto è preferibile fumare a stomaco pieno riducendo la sensazione di fame. Se questa persiste anche a stomaco pieno è bene distogliere la mente praticando attività fisica o ricreativa oppure leggendo.

O, meglio ancora, svolgendo attività fisica prima di assumere cannabis per bruciare una sufficiente quantità di calorie e compensare, in tal modo, le calorie assunte in seguito per placare la fame chimica.

In alternativa, è consigliabile bere almeno un litro e mezzo di acqua dopo aver assunto cannabis oppure appagare la fame concedendosi spuntini leggeri, cibi sani come frutta e verdura, evitando cibi calorici.

Il comportamento del THC all’interno del corpo

Esistono diversi tipi di cannabis legati alle droghe illegali:

  • l’hashish che nasce dalle infiorescenze;
  • la marijuana che deriva dalle foglie di cannabis seccate all’aria insieme a fiori e gambo;
  • l’olio di hashish con un livello di THC davvero molto alto che in alcuni casi può anche raggiungere il 60%.

In tutto il mondo la cannabis viene chiamata in maniera differente: si pensi alla Maria in Italia, alla Mary Jane in America, alla Ganja in Jamaica, e così via.

Si tratta comunque di nomi che indicano la stessa sostanza che si comporta in questo modo:

il THC penetra molto rapidamente all’interno dell’encefalo, e qui solitamente le sostanze vengono fermate repentinamente dalla barriera ematoencefalica (ovvero, quella sorta di “muro” di protezione che protegge l’encefalo e permette alle sostanze tossiche e dannose di non penetrare al suo interno).

Questo procedimento non avviene per il THC, che riesce quindi ad entrare senza alcun tipo di ostacolo riuscendo a espletare i suoi effetti.

Una caratteristica molto interessante è che il THC si propaga anche ad altri organi, specialmente quelli molto grassi.

Questo è correlato al fatto che la THC molecola riesce a sciogliersi in una sostanza gassosa ed è proprio questo scioglimento a essere rintracciabile all’interno del liquido ematico anche a distanza di mesi.

In poche parole, se hai fumato della cannabis non legale, il tuo corpo conserverà le tracce per 30 giorni e anche più, risultando anche in un’eventuale indagine da laboratorio.

Per saperne di più è stata compiuta una ricerca che ha marcato la cannabis con delle sostanze radioattive non tossiche per capire il viaggio compiuto dal THC all’interno del corpo.

Quello che è stato riscontrato è che ci sono degli organi che il THC preferisce in maniera particolare:

potrai sicuramente ipotizzare che si tratti del cervello ma, in maniera più approfondita, sono i gangli alla base del cervelletto a essere molto più sensibili.

Non sorprenderti di questo feeling con il cervelletto!

È infatti questo l’organo che orienta il corpo all’interno dello spazio ed è per questo che gli effetti del THC vanno ad alterare la sensazione e la percezione spazio-temporale del soggetto.

Altre zone molto sensibili sono il tronco encefalico, l’ipotalamo, il corpo calloso ma anche altre strutture cerebrali legano in maniera particolare grazie a degli appositi recettori, a dimostrazione degli effetti più totalizzanti del principio attivo.

Per esempio, esistono recettori nella corteccia prefrontale ventromediale, che è legata alla gratificazione mentale.

Ciò spiega benissimo il perché fumare THC faccia “sentire bene” i fumatori.

Una volta arrivati al cervello è interessante poi capire cosa succede all’organismo come risposta, quando la cannabis viene fumata.

Infatti si ha un picco di presenza del THC all’interno del sangue nel giro di pochissimi minuti, circa 15 o 20, con un massimo raggiunto dopo 30 minuti. In questo periodo di tempo il soggetto ha una sintomatologia intensa per poi diminuire gradualmente e resistere fino a 3-4 ore.

A volte, i sintomi non sono più percepiti nonostante il principio attivo continui a espletare i propri effetti.

Ma sono talmente minimi da non essere più tangibili.

Quando l’effetto svanisce, l’individuo, comincia a sentire una grande fame, la famosissima fame chimica che… sembra non avere mai fine.

Ti è mai capitato di fumare della marijuana senza THC?

Saprai benissimo che la fame chimica induce quella sensazione continua di appetito che non cessa nemmeno dopo ingenti quantità di cibo.

THC e CBD, fratelli e nemici

Potresti a questo punto pensare che il THC sia l’unico principio attivo presente all’interno della cannabis ma in realtà è il fratello del CBD, ovvero un principio attivo che ha il compito di frenare gli effetti eccessivi del THC e di indurre il soggetto ad una veglia così da contrastare la sonnolenza perpetuata dal THC.

In questo meccanismo di induzione e arresto, sono molte le aziende che volgono il loro sguardo verso il CBD, considerato il vero cannabinoide del nostro secolo.

Questo perché è proprio il CBD il principio attivo presente in alte quantità nella famosa cannabis legale.

Questa sostanza comporta una serie di benefici per l’organismo senza provocare alcun tipo di effetto psicoattivo. Attualmente sono sempre più le aziende legali e i privati che coltivano piante ibride ricche di CBD e con un contenuto irrisorio di THC (il massimo consentito dalla legge è infatti 0,6%).

Non solo: le proprietà del CBD sono antinfiammatorie e analgesiche, e proprio per questo è molto utilizzato per alleviare la sintomatologia dolorosa di moltissime patologie.

La combinazione di questi due principi attivi avrà un effetto terapeutico davvero ottimale per i pazienti: considera ad esempio che la marijuana medica ha un quantitativo di THC che varia dal 7% al 22% ed è acquistabile solamente in farmacia, previa prescrizione medica.

L’effetto combinato di THC e CBD viene chiamato effetto entourage.

Ovvero, è la combinazione perfetta dei due principi attivi che insieme cooperano per l’espletamento di una serie di effetti. La scienza sta lavorando affinché questa sinergia venga migliorata e ottimizzata così da risultare perfetta per i consumatori.

Siamo certi che tra non molto avremo delle interessanti novità in questo contesto!

Cannabis: THC e CBD nel giusto rapporto

Abbiamo visto che il THC è il principale cannabinoide psicoattivo responsabile di uno stato di alterazione fisica e psichica.

Il CBD (cannabidiolo) è il cannabinoide non psicoattivo, il primo ad essere accettato dalla medicina tradizionale. Possiede molte proprietà medicinali ma necessita di una minima percentuale di THC.

Abbiamo anche rammentato che è la giusta combinazione di THC e CBD produce un risultato terapeutico potenziato con effetti psicoattivi ridotti (“effetto entourage“).

La stessa molecola THC ha diverse proprietà medicinali.

Ora, avendo ampiamente spiegato la cannabis, cos’è, quali sono le differenze tra cannabis e marijuana, effetti negativi e positivi del THC (molecola), poniamoci una domanda: esiste la marijuana senza THC?

No, non esiste perché anche la marijuana light (quella legale) contiene, seppure in percentuali minime, questo principio attivo (deve essere inferiore allo 0,2% o, in alcuni limitati casi, allo 0,6%).

Chiarito ciò, oggi è più che mai necessario riconoscere la marijuana di qualità ma, essendo gestita da mercati illegali, spesso è contaminata e tagliata con sostanze estranee (sabbia di vetro, silice, zucchero, detersivo in polvere, bucce di frutta matura, droghe pesanti, ecc.) per aumentarne il peso.

Queste contaminazioni la rendono tossica e pericolosa per la salute, tanto che anche una marijuana non sottoposta ad un lavaggio adeguato delle radici si può considerare contaminata.

Le sostanze chimiche rimangono all’interno dei tessuti vegetali e possono entrare nell’organismo attraverso i polmoni o l’apparato digerente.

Insomma, traendo le conclusioni, tieni a mente che ad oggi esistono due tipi di marijuana che puoi avere: legale e terapeutica.

Quella terapeutica ha un contenuto di THC che può arrivare al 22% ed è utilizzabile solo qualora tu avessi una patologia importante. Serve la prescrizione medica ed è reperibile solo in farmacia.

Di contro, la cannabis legale ha un tasso di THC davvero irrisorio, con un livello massimo dello 0,2% o, in alcuni casi, dello 0,6%, i limiti di legge.

Non escludiamo che i provvedimenti normativi possano subire ulteriori sviluppi nel prossimo futuro.

D’altronde, i più recenti approcci derivanti dalla legge in vigore risalgono solo al 2018 e mostrano diverse lacune, tanto che in più occasioni i gap normativi sono stati sostanzialmente colmati da diverse sentenze della Corte di Cassazione, con gli Ermellini che sono intervenuti a più riprese sul comparto al fine di disciplinarlo in modo più coerente.

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